L'importanza di chiamarsi Ernesto

Prendo come spunto un noto problema generato, più che dal nome, dalla traduzione dall'inglese del titolo di una nota commedia teatrale scritta da Oscar Wilde, che sfruttava un gioco di parole, e voleva significare "L'importanza di essere onesto" (The importance of being Earnest).
Tutto ciò per parlare dei nomi che i genitori danno ai figli.
Ho scoperto l'esistenza del namer's remorse, il rimorso di aver sbagliato la scelta del nome. Anche se pare sia molto influenzato da commenti esterni. Ma non solo, per il nome valgono le stesse leggi usate per il marketing (secondo la New York University e l'Università dell'Indiana): più il nome evoca e trasmette successo più chi lo porta continuerà ad averne, o vi sarà portato. E attenzione: uno studio del 2009 (condotto dagli psicologi tedeschi Julia Kube e Astrid Kaiser) ha dimostrato che i nomi degli alunni delle elementari influiscono sulla valutazione delle loro capacità da parte degli insegnanti. Quindi attenzione al transfert, a quello che proiettate su di lui, a dargli il nome di un attore o attrice, a usare nomi di piante o di animali. Perché pesa. Anche se, secondo il pedagogista Daniele Novara, fondatore e direttore del Cpp (Centro psicopedagogico per la pace e la gestione dei conflitti) di Piacenza, è ancora il cognome ad essere l'ingombro principale per i bambini (non siamo mica tutti Angioletti - io ne so qualcosa).
In Italia, comunque, siamo piuttosto tradizionalisti: fatte le dovute eccezione la classifica vede dal 2004 al 2009 come nomi più usati Francesco e Giulia - scalzata nel 2010 da Sofia. Alessandro, Andrea, Lorenzo, Matteo, Mattia per i maschi, mentre tra le femmine vanno forte Giorgia, Martina, Aurora, Alice, Emma e Anna.
Io, tanto per dire, non sono mai stato contento del mio nome. Da bambino ne avrei preferito uno un po' più comune, un nome che non generasse facce strane e rimanesse in testa. Così avrebbero evitato di chiamarmi Daniele.
E voi?

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