Giorgio Faletti autore di romanzi

Ah, che nostalgie per alcuni personaggi, come Vito Catozzo, lo strampalato stilista Franco Tamburino di Emilio, che gridava "Adalpina, taca la müsica", o il predicatore di Drive In, quello di "Anatema su di voi", che terminava con una capriola sul materasso sdrucito che si portava sempre appresso. O il terribile ragazzino Carlino, dal paese di Passerano Marmorito (realmente esistente nell'astigiano, noché paese natìo di Faletti), che si faceva regalare un "giumbotto" nuovo dalla fidanzata del fratello, quella con due roberti così, per non rivelare i di lei tradimenti. Esordiva con "È qui che ci son le donne nude?", e poi proseguiva con il tormentone "perché il paese è piccolo, e la gente MORMORA".
Che nostalgia dico, non solo perché erano effettivamente personaggi irriverenti e graffianti, ma perché se Faletti avesse proseguito a dedicarsi a tali occupazioni ci avrebbe risparmiato i suoi romanzi, anzi i suoi best sellers. Passi le apparizioni da cantante a Sanremo con "Minchia Signor Tenente", che ancora aveva un testo intellingente nonostante fosse un parlato più che una canzone. Soprassediamo sul singolo successivo "Ulula", per non infierire gratuitamente.
Ma i libri!
Forse il mio giudizio è estremamente severo perché conoscendo il soggetto mi aspettavo qualcosa di intelligente, qualche vicenda con visione ironica sui vizi di questa povera italia, come ci avevano abituato i suoi personaggi. Oppure una discesa profonda negli animi delle persone, come ben faceva sperare appunto il testo di "Minchia Signor Tenente". E invece cosa mi scrive?
Un romanzo dove i personaggi sono sempre gli stessi: il polizziotto buono con i problemi familiari che fa una brutta fine, il protagonista, poliziotto quotatissimo ma con una vicenda tragica alle spalle che condiziona la sua vita e ogni sua scelta, che si è chiuso in uno stretto riserbo e non si sa bene come lo facciano lavorare ancora. L'eroe tipico dei polizieschi americani, insomma. E il cattivo, con l'infanzia segnata dal regime militare estremo.
Sinceramente non sono riuscito a finirlo, ho abbandonato a circa dieci pagine dalla fine, perché l'inseguimento finale mi sembrava veramente tirato un po' troppo per le lunghe.
Bisogna dare atto a Faletti di essere riuscito a scrivere bene un romanzo lungo e complesso, per cui riconoscergli certe capacità tecniche, ma circa i contenuti non me la sento proprio.
Non ho letto i successivi, e sinceramente non ne sono per nulla attratto, visto che il genere di romanzo che gli piace scrivere è dichiaratamente quello di "Io uccido".
Penso che se fosse stato scritto da un signor nessuno come libro di esordio difficilmente sarebbe arrivato negli scaffali di molte case, invece la curiosità nata intorno ad un libro scritto da un personaggio già famoso, che avesse anche la possibilità di promuoverlo in grande stile, ha fatto sì che nel giro di poco tempo diventasse un fenomeno letterario.
Stimo comunque Faletti come persona e come artista, anche per le apparizioni cinematografiche come "Notte prima degli esami", che hanno una volta di più dimostrato quanto sia poliedrico, ma non credo che leggerò altri suoi libri. Non che a lui questo possa interessare, immagino.
Ritengo che lui, e in genere gli autori italiani, abbia ben altro da dire che ridursi a clone di sterili autori statunitensi, dove l'imperativo per la trama è il sensazionalismo e il colpo di scena per forza.
Questo riguarda anche il cinema, ma non è questo il momento.

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