Gli imprenditori stranieri e le paure degli italiano

Il titolo potrebbe essere fuorviante: non intendo parlare dei capitali stranieri, di ricchi investitori che si vogliono arricchire puntando su Alitalia, o acquistando il 51% di un'azienda simbolo dell'eccellenza italiana nell'arte culinaria, come la Perugina, la Motta, e via di seguito.
Ma di un fenomeno più umile, che parte dal basso, e che rappresenta lo stato di paura ed incertezza in cui versano gli italiani. Gli immigrati stanno,sempre più spesso, mettendosi in proprio, creando piccole (fino a 50 persone), ma soprattutto piccolissime imprese (fino a 18 persone).
Sono spesso artigiani che lavorano nel mondo dell'edilizia, ma non solo, hanno anche piccole aziende di produzione, sempre legate a lavori manuali a volte faticose, o rischiose, o scomode. Hanno dipendenti tutti pescati dal medesimo gruppo etnico, se non dalla propria famiglia stessa, a volte numerosa, che sono particolarmente motivati, lavorando per un connazionale. E la motivazione dei dipendenti è la chiave di Volta per il successo di un'azienda, indipendentemente dalle dimensioni ed il ramo di interesse.
Del resto, quale italiano andrebbe a lavorare come dipendente per un immigrato? Ma anche, quanto è difficile per un piccolo imprenditore italiano avere a che fare con dipendenti extracomunitari, con i divari culturali che ci sono, per non parlare del razzismo strisciante che dilaga nel ceto medio? E quanti italiani hanno voglia di fare gli operai edili, ad esempio? Forse più nessuno. Ed ecco che iniziano gli operai ad essere stranieri, e chi meglio di uno di loro può gestirli?
Del resto, loro sono più propensi al rischio, in tutti i sensi, perché provengono da una realtà che li ha abituati al nulla, e non hanno sostanzialmente nulla da perdere.
Invece, quale italiano se la sente di affrontare lo start-up di una nuova azienda, con la burocrazia che c'è e i rischi collegati, con la carenza di lavoro, con i ricavi risicati? Chi ti da un prestito?
Forse dovremmo iniziare a pensare diversamente, a rivedere anche noi la speranza. Ad avere voglia di buttarci. E, se non ce l'abbiamo, almeno non lamentiamoci!

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