Not speaking in my name

Se avete occasione, date un occhia questo straordinario SITO.
E' una protesta silenziosa, pacifica e spontanea, resa possibile soltanto dall'esistenza di un mezzo di comunicazione incredibile come la rete.
Di cosa parla?
Di tante persone che si sono fatte fotografare con a fianco (i più fantasioni ce l'hanno addosso) un messaggio, scritto spesso a mano su un foglio di carta, scritto male, a volte al limite del leggibile. Ma non importa, perché il messaggio è lo stesso per tutte le facce, per tutti quei volti di persone di credo politico diverso, come ci tiene a sottolineare il sito.
Il messaggio è rivolto a Barack Obama, ma non solo, è rivolto al mondo intero, per far sapere che Io, quello ritratto nella foto, dichiaro con un messaggio lapidario che Silvio Berlusoni non parla a nome mio, dicendo "abbronzato" ad un uomo con la pelle nera.
Perché, nella sua supponente cafoneria, il buon Silvio non si accorge di quanto sia razzista una simile frase. E non se ne accorge proprio perché lui ci è dentro, in questo razzismo provinciale nord italiano. Perché tra i gruppi più razzisti, i fastidiosi nord africani, o africani, o medio-orientali, vengono comunemente chiamati "abbronzati", come Calderoli fece, dando sfoggio di quanto fosse inadeguato a qualsiasi ruolo politico, quando ospite di Matrix, rivolgendosi alla giornalista di origine palestinese Rula Jebreal, la chiamò "quella signora abbronzata, quella che diceva del deserto e del cammello".
E su Fecebook nasce il gruppo per chiedere scusa a Obama. E sul Blog del NY Times gli italiani chiedono scusa. Ma queste persone non dovrebbero essere elette per rappresentare il "popolo", invece di fare squallide battute che lo costringano pubblicamente a scusarsi?

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