Il decadimento di Zelig
So che questo post rischierà di rendermi impopolare, ma è una cosa che posso dire che non mi spaventa, per il semplice fatto di non essere popolare.
Quest'anno sono, ahimé, costretto a guardare Zelig, che hanno avuto la triste idea di portare al lunedì sera, forse per lascare il campo libero il venerdì a Paperissima.
Fai altro, direte voi. Potendo, faccio altro, solo che se faccio addormetare il piccolino, mi ritrovo paralizzato sulla poltrona, con lui addosso, senza potermi alzare. Non posso suonare, non posso scrivere. Posso leggere, e così ho fatto, ma la televisione sotto dava fastidio, mi distraeva, ed ogni tanto ero costretto a buttare un occhio.
Il lunedì è un giorno particolare, come tutti i giorni della settimana, del resto, ma il lunedì ancora di più, perché segna l'inizio della settimana lavorativa, ed io non ho nessuna voglia di vedere uno spettacolo come Zelig. Avrei visto volentieri Montalbano, perfino "Chi l'ha visto?", sarebbe stato meglio, per me. Ma non Zelig. Che, oltre a questa personalissima premessa legata alle mie abitudini e fluttuazioni umorali settimanali, mi pare oltremodo scaduto.
Tra Bisio e la Incontrada ci sono scambi di battute squallidi solo sul fatto che lei è in sovrappeso. Gli sketch sono a volte penosi, ripetitivi, vuoti. E il pubblico ride sempre, applaude, a battute che erano desuete ai tempi del Drive In, come in preda ad una stupidera adulta che coglie chi entri al teatro degli Arcimboldi.
Claudio Bisio, che ho avuto modo di vedere a Teatro nel suo Signor Malaussene, tratto dai romanzi di Pennac, e che ho sempre stimato, mi sembra così sprecato, in quel contesto.
Uno che fa il dipendente delle poste, tre marziani che fanno finta di essere attrezzi ginnici, che va bene la prima volta e basta, un trio che storpia l'inglese in pugliese, dicendo sfilze di "OK", e vale il discorso di prima, un romagnolo che ha esaurito le idee sul rapporto uomo donna, o che ha una buona da dieci secondi e ci costruisce uno sketch da un quarto d'ora. Un vuoto talmente totale che fa quasi brillare la demenza più pura, che fa spiccare chi fa solo versi, come il discotecomane folle e Pino dei palazzi.
Che tristezza, per uno spettacolo che dovrebbe fare ridere!
La cosa che più mi manda in bestia, è la falsa idea che vorrebbero far circolare, cioè che Zelig è e rimane la fucina di nuovi talenti, quando rispecchia lo stagnante stato di tutte le televisioni e dei loro palinsesti, sempre più vuoti e ripetitivi, perché tanto al pubblico vanno bene così.
Rivoglio il mio lunedì sera!
Quest'anno sono, ahimé, costretto a guardare Zelig, che hanno avuto la triste idea di portare al lunedì sera, forse per lascare il campo libero il venerdì a Paperissima.
Fai altro, direte voi. Potendo, faccio altro, solo che se faccio addormetare il piccolino, mi ritrovo paralizzato sulla poltrona, con lui addosso, senza potermi alzare. Non posso suonare, non posso scrivere. Posso leggere, e così ho fatto, ma la televisione sotto dava fastidio, mi distraeva, ed ogni tanto ero costretto a buttare un occhio.
Il lunedì è un giorno particolare, come tutti i giorni della settimana, del resto, ma il lunedì ancora di più, perché segna l'inizio della settimana lavorativa, ed io non ho nessuna voglia di vedere uno spettacolo come Zelig. Avrei visto volentieri Montalbano, perfino "Chi l'ha visto?", sarebbe stato meglio, per me. Ma non Zelig. Che, oltre a questa personalissima premessa legata alle mie abitudini e fluttuazioni umorali settimanali, mi pare oltremodo scaduto.
Tra Bisio e la Incontrada ci sono scambi di battute squallidi solo sul fatto che lei è in sovrappeso. Gli sketch sono a volte penosi, ripetitivi, vuoti. E il pubblico ride sempre, applaude, a battute che erano desuete ai tempi del Drive In, come in preda ad una stupidera adulta che coglie chi entri al teatro degli Arcimboldi.
Claudio Bisio, che ho avuto modo di vedere a Teatro nel suo Signor Malaussene, tratto dai romanzi di Pennac, e che ho sempre stimato, mi sembra così sprecato, in quel contesto.
Uno che fa il dipendente delle poste, tre marziani che fanno finta di essere attrezzi ginnici, che va bene la prima volta e basta, un trio che storpia l'inglese in pugliese, dicendo sfilze di "OK", e vale il discorso di prima, un romagnolo che ha esaurito le idee sul rapporto uomo donna, o che ha una buona da dieci secondi e ci costruisce uno sketch da un quarto d'ora. Un vuoto talmente totale che fa quasi brillare la demenza più pura, che fa spiccare chi fa solo versi, come il discotecomane folle e Pino dei palazzi.
Che tristezza, per uno spettacolo che dovrebbe fare ridere!
La cosa che più mi manda in bestia, è la falsa idea che vorrebbero far circolare, cioè che Zelig è e rimane la fucina di nuovi talenti, quando rispecchia lo stagnante stato di tutte le televisioni e dei loro palinsesti, sempre più vuoti e ripetitivi, perché tanto al pubblico vanno bene così.
Rivoglio il mio lunedì sera!
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