Il pacchetto clima e le proposte italiane

Stiamo facendo l'ennesima brutta figura in Europa, cambiando all'ultimo minuto la posizione ufficiale riguardo un tema che, secondo le idee del nostro beneamato e lungimirante premier, non porta profitto.
Come abbia fatto a convincere anche il ministro dell'ambiente non è dato di sapere. Forse è stato scelto un ministro dell'ambiente poco ambientalista, perfettamente in linea con il resto della squadra di governo.
A quanto pare l'Italia è il capo cordata di un gruppo di nazioni che richiedono sostanziali modifiche alla proposta 20-20-20, che dovrebbe essere approvata entro la fine dell'anno, adducendo la motivazione che l'analisi costi-benefici non sia confortante.
E facendosi scudo del fatto che l'Italia non è sola, in questa scelta.
Già, peccato che le altre nazioni siano Polonia, Ungheria, Romania, Bulgaria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Estonia, Lettonia e Lituania. Nazioni "emergenti", che sicuramente hanno tassi di crescita ben maggiori del nostro, e sono disposti a tollerare anche una minore attenzione nei confronti dell'ambiente. Ma l'Italia non può permetterselo, non per l'analisi costi-benefici, ma per una reputazione consolidata che ha (o aveva) in Europa, da quando ci è entrata a testa alta insieme alle nazioni fondatrici, quelle i cui rappresentanti sono poi stati sbeffeggiati dai precedenti governi Berlusconi.
Vediamo che sorprese ci riserva l'attuale.

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