Conoscere i propri libri
Ho sempre pensato che gli scrittori sapessero pressoché a memoria i loro libri, così come da bambino pensavo che i commentatori delle partite di calcio conoscessero a memoria i nomi ed i numeri dei giocatori di quasi tutte le squadre, e i più bravi tra loro erano quelli che ne conoscevano di più.
Perché l'equazione più sai più vali è sempre stata molto chiara nella mia testa.
Crescendo mi sono reso conto che probabilmente è chiaro solo per me. Un'ingenuità infantile che forse mi porto dietro da allora, anche per i libri. Anche se c'è qualcosa di vero. Dal basso della mia misera esperienza posso dire che mi è capitato di scrivere due volte lo stesso brano, perché mi ero dimenticato di averlo già scritto. Perché era una cosa che pensavo sul serio, evidentemente. Però quando inizi a lavorarci su, come nel caso di Note nate libere, e devi leggere e rileggere, poi rileggere le bozze corrette, poi sistemare, poi magari farci qualche altro lavoro sopra, come nel mio caso la trasposizione teatrale, allora sì che lo impari davvero. Lo sai quasi a memoria. I dialoghi, da accorciare qua e là, le descrizioni da sistemare, un dialogo troppo lungo o troppo difficile per essere esposto dal vivo. Un lavoro monumentale. Qual è il messaggio? Nessuno, a dire il vero, nessuna morale, solo che riguardo la scrittura creativa pura, ci si può tranquillamente dimenticare di aver scritto un certo brano, ma quando si fanno i conti con la realtà, con le correzioni, con le revisioni, con il lavoro che va oltra la creazione libera, tutto cambia.
E allora si prova il piacere di imparare a memoria una propria opera. Si diventa fan di sé stessi.
I primi.
E a volte, tristemente, gli unici!
Perché l'equazione più sai più vali è sempre stata molto chiara nella mia testa.
Crescendo mi sono reso conto che probabilmente è chiaro solo per me. Un'ingenuità infantile che forse mi porto dietro da allora, anche per i libri. Anche se c'è qualcosa di vero. Dal basso della mia misera esperienza posso dire che mi è capitato di scrivere due volte lo stesso brano, perché mi ero dimenticato di averlo già scritto. Perché era una cosa che pensavo sul serio, evidentemente. Però quando inizi a lavorarci su, come nel caso di Note nate libere, e devi leggere e rileggere, poi rileggere le bozze corrette, poi sistemare, poi magari farci qualche altro lavoro sopra, come nel mio caso la trasposizione teatrale, allora sì che lo impari davvero. Lo sai quasi a memoria. I dialoghi, da accorciare qua e là, le descrizioni da sistemare, un dialogo troppo lungo o troppo difficile per essere esposto dal vivo. Un lavoro monumentale. Qual è il messaggio? Nessuno, a dire il vero, nessuna morale, solo che riguardo la scrittura creativa pura, ci si può tranquillamente dimenticare di aver scritto un certo brano, ma quando si fanno i conti con la realtà, con le correzioni, con le revisioni, con il lavoro che va oltra la creazione libera, tutto cambia.
E allora si prova il piacere di imparare a memoria una propria opera. Si diventa fan di sé stessi.
I primi.
E a volte, tristemente, gli unici!
Commenti