Corsa e Natura: Inverno e Faggi

Oggi, come spesso succede, sono andato a correre in pausa pranzo.
Sono molto fortunato, la società per cui lavoro mette a disposizione uno spogliatoio gratuito con docce, e l'orario flessibile fa sì che io mi possa assentare anche per un'ora e mezza per la pausa.
Sono partito indeciso, in questo sono molto istintivo a meno di non avere delle tabelle particolari da seguire per la preparazione di una gara specifica - cosa impossibile in questo periodo data la nascita di mio figlio Nicolò e una serie di problemi respiratori causati da uno bronchite mal curata.
Quindi parto per un itinerario abbastanza classico, che nonostante le salite che presenta non so perché lo considero come poco impegnativo, è una cosa strana, quando sono svogliato o poco motivato mi viene voglia di fare quel tragitto, la mia mente lo considera accettabile anche in condizioni di malavoglia e di stress.
Quindi parto, con passo in realtà deciso.
Troppo deciso.
Dopo 10 minuti sono già in affanno, ma mi sento bene e riesco a mantere il ritmo, fino a quando non raggiungo la base della salita. Lì decido di deviare, e di percorrere un tratto che mi avrebbe portato a passare una buona mezz'ora tra ampi sentieri boschivi, forse a tratti ripidi ma in altri punti molto puliti e conformati in modo da invogliare a lasciare andare le gambe.
Percorro la prima salita nel bosco con insolita energia visto lo stato di forma, arrivo alla strada asfaltata e qui la seguo per cicrca 1 Km, fino a riprendere definitivamente il sentiero in un prato ripidissimo, che poi si intrufola in un bosco di castagni, dove la salita è resa difficoltosa dalle foglie secche presenti in gran quantità.
Arrivo ad un primo incrocio e continuo a salire, mi sento stranamente, e per la prima volta dopo tanto tempo, leggero. Salgo senza fare fatica (si fa per dire), sono concentrato nel modo giusto, sono entrato nella "zona", e corro senza pensare. È una sensazione bellissima, e in questo stato di grazia raggiungo il sentiero soprastante, quello largo e pulito, che invita a spingere, ad accelerare il passo.
Non importa se il cuore aumenta il ritmo, è il suo dovere e sento che lo fa con forza, le gambe fanno lo stesso, il respiro è forte ma regolare. Sono una macchina efficientissima che sta volando nel bosco.
E allora vedo il bosco per la prima volta: una distesa infinita di faggi spogli, lucidi e sinuosi come tanti colli di dinosauri bonari, sono possenti e maestosi, immobili ma quasi per loro scelta. Il sottobosco è pulito, vi è soltanto un tappeto infinito di foglie secche di faggio, che dà quel tono di colore marrone uniforme tutt'attorno. Il sole non arriva qui, siamo al riparo di una collina più alta verso sud, per cui la vista può abbracciare tutto il bosco nella sua omogeneità.
Corro nel bosco, sono il bosco stesso.
Procedo così per alcuni interminabili minuti, fino a quando un bivio con una discesa molto ripida mi riportano alla reltà, allora presto tutta l'attenzione al sentiero, data la difficoltà del tracciato.
Scendo comunque molto bene, nei tratti pianeggianti spingo ancora parecchio, ho le gambe calde e le sento scalpitare.
Era da tanto che non godevo così pienamente di una corsa.
È un momento prezioso, e non bisogna sottovalutarlo.

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